Ott 6, 2010 - Senza categoria    3 Comments

PAROLE

Qualche giorno fa avevo scritto alcune righe con l’intenzione di farle leggere ai genitori dei bambini che alleno, poi ci ho ripensato perchè… boh… rileggendole mi parevano in un certo senso superflue. Contano i fatti, non le parole. Quelle le tengo per altri ambiti e altri scopi, essendo la parola un’arma capace di creare devastante distruzione o spargere amore infinito a seconda dell’uso che se ne fa. La parola è magia, il cui potere può essere illimitato e proprio per questo non vorrei farne un uso dissennato. Tornando alle mamme e ai papà ai quali era indirizzata la lettera, alla fine mi giudicheranno per quello che ho ottenuto o non ottenuto sul campo e fuori, non certo per due “stronzate” scritte in mezz’ora d’ispirazione. Io stesso voglio che sia così (troppo facile usare la… magia!). Quella lettera però la posto qui di seguito, nel caso qualcuno volesse leggera, così il suo messaggio si spargerà nell’etere come uno spirito nell’eternità. “Che cazzo sta a di’ Manser?” si chiederà perplesso qualcuno. Niente, scrivo.

Caro genitore,

 

ti scrivo con il cuore per spiegarti cosa mi spinge ad allenare una squadra di bambini che non tarderanno ad entrare in uno dei periodi più critici e fondamentali della vita, ovvero l’adolescenza.

   Parto da una premessa. Gioco a calcio da trent’anni e da circa ventisei ogni sabato o domenica da settembre/ottobre a maggio/giugno sono su un campo a giocare una partita di campionato. Il calcio ce l’ho nel DNA, ereditato da un papà che vedevo come modello da raggiungere e superare in quanto ex calciatore di serie A negli anni Settanta. Crescendo ho capito che non c’è sport più romantico e appassionante del calcio: il calcio è vita… una perfetta metafora della vita! Possiamo parlare di argomenti serissimi o faceti e salterà sempre fuori un paragone con questo sport. “E’ come nel calcio…” dico spesso trovando un aggancio con un qualcosa che ha a che fare con il mondo pallonaro. Peccato che essendo appunto specchio della società, rifletta anche il marciume che essa produce: violenza, antisportività, esasperazione, ignoranza, ecc. sono presenti sia sui campi che sugli spalti (senza contare tv e giornali) dalla serie A fino alle serie minori. Qualcuno, detto questo, potrebbe pensare: “meglio cambiare sport”, ma si ricordi che il calcio è uno sport sanissimo e come detto poc’anzi una palestra di vita come poche, soprattutto se si cominciano ad assorbire i suoi valori positivi in età giovanile. Ecco così spiegato uno dei motivi che mi ha spinto, tre anni fa, a intraprendere la carriera (consentimi il termine) di allenatore di ragazzini: nel mio piccolo volevo contribuire a far crescere “positivamente” questi uomini del domani, speranza per un mondo migliore. Non sono così presuntuoso da pensare che un semplice allenatore-educatore possa fare miracoli, però con le 3 P (Passione, Pazienza, Preparazione) può coadiuvare la famiglia nel porre solide basi morali nella formazione del ragazzo. La famiglia è sempre il primo baluardo posto a difesa del figlio dalle aggressioni “nocive” che lo minacciano sin da piccolo… Guarda per esempio quei genitori che al campo, durante una partita del figlio, insultano arbitro, avversari, genitori dell’altra squadra… Non ti viene da pensare: “Povero figlio, è rovinato!”? Io lo penso e le probabilità che lo rovinino realmente sono molto alte.

   Prima ancora di insegnare il calcio (che è ovviamente un obiettivo fondamentale, ci mancherebbe!) mi pongo l’obiettivo di insegnare l’educazione, il rispetto di compagni e avversari, la correttezza, il saper vincere e il saper perdere, tutti valori che poi si rifletteranno nel quotidiano. A volte mi hanno tacciato di essere troppo buono, ma credo sia un difetto fino a un certo punto, perché con i miei metodi che potremmo definire tranquilli (solo in parte però, perché se mi arrabbio, mi arrabbio!) so farmi rispettare e ascoltare. E quando parlo mi piace rivolgermi a un bambino di 8/10 anni come se mi rivolgessi a un adulto; ovviamente usando un linguaggio comprensibile, ma ritengo fondamentale che un bambino si debba sentire gratificato nel confronto paritetico con l’adulto (da bambino non sopportavo quando mi dicevano: “Non puoi capire, sei troppo piccolo!” E provateci no?! A volte capiscono più i piccoli dei grandi!).

   Dunque, cercherò di fare del mio meglio per essere un bravo allenatore-educatore, non tralasciando mai il concetto che calcio è divertimento. Io in età preadolescenziale ho avuto allenatori che non conoscevano alcune parole chiave basilari proprio per allenare: divertimento, insegnamento, passione. “Grazie” a loro so cosa devo fare e soprattutto non fare… Perché caro genitore, un bambino che gioca, si sfoga e si diverte è un bambino felice. E un bambino felice sarà con ogni probabilità un adulto migliore.

 

 

PAROLEultima modifica: 2010-10-06T11:58:37+02:00da skreta
Reposta per primo quest’articolo

3 Commenti

  • Manser…spero che allenerai anke quando avrò un figlio e inizierà a giocare…

  • santa parole ex compagno

  • grazie boys, però non so quanto durerò: la voglia di piantare qualche smataflone sta diventando troppo forte… Dopo mi accuseranno di violenza a minori e la mia carriera andrà a rotoli! 😉